Oggi, 10 aprile 2023, si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale dell’omeopatia, una disciplina tuttora controversa che riscuote tuttavia sempre più consensi. La data del 10 aprile coincide con la nascita del medico tedesco Samuel Hahnemann, che ha teorizzato i principi dell’omeopatia tra il XVIII e il XIX secolo.
L’omeopatia (dal greco hómoios, simile, e páthos, sofferenza) è una pratica di medicina alternativa che si basa sul cosiddetto “principio di similitudine del farmaco”. Secondo questo principio, una sostanza che provoca determinati sintomi in una persona sana è in grado di curare gli stessi sintomi in una persona malata. Una volta individuata la sostanza, o principio omeopatico, si procede a diluirla in acqua per aumentarne l’efficacia. Inoltre, durante il procedimento di diluizione il preparato omeopatico subisce una serie di scuotimenti, per ottenere ciò che Samuel Hahnemann ha definito “dinamizzazione della soluzione”.
Alla base di un preparato omeopatico possono esserci sostanze di origine vegetale, animale, minerale o biologica, note anche come ceppi omeopatici. Tra i ceppi omeopatici più comuni c’è per esempio l’arnica montana, che è largamente usata per il trattamento di traumi, contusioni, ematomi e dolori articolari. Anche la belladonna è ampiamente utilizzata come rimedio omeopatico ed è indicata per alcune patologie infiammatorie, per manifestazioni esantematiche o per certe affezioni dell’apparato respiratorio.

Va comunque sottolineato che in seguito al processo di diluizione e dinamizzazione il ceppo omeopatico di partenza spesso non è rilevabile nel prodotto finito. Come ha sottolineato l’Agenzia italiana del farmaco: «La caratteristica dei medicinali omeopatici è quella di utilizzare sostanze altamente diluite e “dinamizzate”. Il processo di diluizione solitamente è responsabile dell’effetto di non rilevabilità del contenuto di partenza del ceppo omeopatico. In tali casi, il medicinale finito risulta, dal punto di vista chimico-fisico, unicamente costituito da eccipienti».
Le alterne fortune dell’omeopatia presso l’opinione pubblica
Negli ultimi secoli l’omeopatia ha vissuto alterne fortune, a seconda dell’atteggiamento più o meno fiducioso dell’opinione pubblica nei suoi riguardi. La comunità scientifica è sempre stata molto critica nei confronti dell’omeopatia, ritenendo privi di fondamento i concetti centrali di diluizione e dinamizzazione. Per questo numerosi studi hanno invocato il cosiddetto “effetto placebo” per spiegare i casi in cui una terapia omeopatica raggiunge effettivamente il risultato sperato.
In generale, con effetto placebo si indica un meccanismo per cui il miglioramento dello stato di salute di una persona non è imputabile alla terapia utilizzata. A fare la differenza, infatti, sono piuttosto l’atteggiamento positivo e la partecipazione consapevole e attiva del paziente al trattamento in questione. In realtà, però, l’effetto placebo non riguarda esclusivamente i preparati omeopatici, essendo riscontrabile anche nei casi di terapie che si avvalgono della medicina tradizionale.

A ogni modo, al di là di ogni possibile diatriba sulla loro efficacia, i rimedi omeopatici sono classificati come farmaci nell’ambito dell’intera Unione Europea. La direttiva 2001/83/CE (e successive modifiche) del Parlamento europeo e del Consiglio, infatti, affronta in modo particolarmente esaustivo le diverse tematiche connesse all’omeopatia. Questa direttiva definisce medicinale omeopatico «ogni medicinale ottenuto da prodotti, sostanze o composti denominati “materiali di partenza omeopatici” secondo un processo di fabbricazione omeopatico descritto dalla farmacopea europea».
Nel 2006, l’Italia ha recepito la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio con il Decreto legislativo n. 219 del 24 aprile. Questo decreto stabilisce tra le altre cose le procedure di registrazione dei medicinali omeopatici, disciplinate dalla già citata Agenzia italiana del farmaco. D’altronde, nel nostro paese l’omeopatia è da anni la medicina non convenzionale più diffusa tra la popolazione, che spesso la affianca alle terapie tradizionali.
La Giornata mondiale dell’omeopatia 2023 in Italia: sondaggi e opinioni
In occasione della Giornata mondiale dell’omeopatia 2023 vale la pena di analizzare brevemente quale sia l’approccio degli italiani nei confronti di questa disciplina. Nel corso degli anni si sono susseguiti numerosi sondaggi per cercare di indagare il grado di conoscenza e di utilizzo dei diversi prodotti omeopatici. I risultati di queste indagini hanno evidenziato un atteggiamento altalenante dell’opinione pubblica a proposito del ricorso alle diverse tipologie di medicina non convenzionale.
Secondo una indagine ISTAT pubblicata nel 2007, il 13,6% della popolazione italiana utilizzava metodi di cura non convenzionali e, tra questi, l’omeopatia era il più diffuso (7%). Tra i pazienti che facevano ricorso all’omeopatia, inoltre, il 71,3% si dichiarava soddisfatto dei risultati ottenuti, mentre il 21,9% riferiva benefici solo parziali. Nel 2014, il rapporto ISTAT “Tutela della salute e accesso alle cure” registrava un forte calo nella diffusione delle terapie non convenzionali in Italia. Dai dati pubblicati emergeva che la percentuale degli italiani che ricorrevano all’omeopatia era del 4,1%, di cui la maggioranza concentrata nelle regioni del Nord e Centro Italia.

Nell’autunno 2018, un sondaggio condotto da EMG rendeva noto che il 17% degli italiani aveva usato un medicinale omeopatico almeno una volta l’anno. L’82,1% degli utilizzatori dell’omeopatia dichiarava di averla scelta in virtù della “naturalità del farmaco”, soprattutto per il trattamento di riniti e raffreddori (62%). Una successiva indagine di EMG pubblicata nel 2021 registrava una crescita del 3% nella percentuale degli italiani che sceglievano di assumere medicinali omeopatici.
La più recente indagine sull’atteggiamento degli italiani nei confronti dell’omeopatia è il sondaggio Ipsos pubblicato per la Giornata mondiale dell’omeopatia nell’aprile 2022. Tra gli intervistati, il 57% affermava di aver fatto ricorso all’omeopatia almeno una volta nella vita e il 20% di utilizzarla regolarmente. Il 74% inoltre, la riteneva valida almeno in parte e ne apprezzava la naturalità.
Fonti: www.gazzettaufficiale.it / www.ipsos.com
Immagine di copertina: Adobe Stock di Sebastian Duda