I giovani italiani non ci stanno più ad essere sfruttati e sottopagati perché oggi cercano un giusto work-life balance. La scala dei valori è sicuramente cambiata così come sono cambiati gli obiettivi di ognuno e si desidera un equilibrio fra lavoro e vita privata. Diversi trend topic vengono discussi sui social per poter far avanzare uno stato di proposte e gestione della vita lavorativa spesso inadeguato a soddisfare il lavoratore.
Per la prima volta nella storia in questo particolare periodo, spesso ci siamo chiesti se andare a lavorare fosse “conveniente”. La pandemia ha giocato un ruolo importante su questa presa di coscienza. Molte persone hanno iniziato a comprendere e rivalutare la propria salute mentale e la posizione nella scala delle priorità personali occupata dal lavoro. Sulla base di queste riflessioni, molti si sono accorti di come il gioco a volte non valesse la candela e hanno iniziato a condividere anche sui social network il disagio provato per confrontarsi con altre persone.
Un caso emblematico è quello della pagina Reddit “Antiwork”, dove ogni giorno milioni di utenti si sfogano per le insoddisfazioni causate dalla loro vita professionale, immaginando un cambiamento radicale del sistema. La pandemia ha portato con sé anche un nuovo fenomeno: quello delle Grandi Dimissioni, una tendenza globale, iniziata negli USA nella primavera del 2020, le cui statistiche tracciano un profondo riassestamento all’interno del mercato del lavoro e percentuali senza precedenti.
Contratti a tempo determinato e poche prospettive di crescita
Sebbene in Italia il mercato del lavoro sia molto meno vivace di quello statunitense e il concetto di “dimissioni volontarie” sia considerato nell’immaginario collettivo alla stregua di un peccato capitale, è un fatto che nel primo semestre del 2022 si sia registrato un aumento di oltre il 30% delle dimissioni. Molte di queste dimissioni sono collegate a contratti a tempo determinato e a lavoratori che non hanno una posizione di alto rilievo all’interno dell’azienda che decidono di lasciare. In altre parole, sono soprattutto i giovani a dimettersi per seguire quelle nuove priorità che emergono nella società moderna.
I motivi sono molteplici, principalmente di natura economica e legati a questioni di salute fisica e mentale. Nel nostro Paese, entrare nel mondo del lavoro significa quasi sicuramente accettare contratti che compensi molto bassi, o con forme di stage o tirocinio. Durante il lockdown molti di noi hanno scoperto lo smart working, cioè poter svolgere le proprie mansioni da casa con una connessione a internet, senza ore di traffico, uffici asettici, orari asfissianti.
In Italia si è verificata anche la tendenza dello “south working” cioè l’abbandono delle costose grandi metropoli, per spostarsi in provincia o al Sud Italia, dove il costo della vita è molto inferiore, tornando nella propria zona di origine e rinvigorendo zone del nostro paese che negli ultimi anni non hanno fatto altro che spopolarsi.
I giovani italiani cercano soluzioni di work-life balance
In questo momento una delle priorità degli under 35 è avere un lavoro che garantisca un migliore work-life balance, che permetta orari flessibili, possibilità di lavorare da remoto e di spostarsi liberamente durante l’orario lavorativo. Autogestirsi per tornare a essere padroni del proprio tempo libero, lavorando per obiettivi. Tra le novità su cui molto si discute in questo periodo c’è la settimana lavorativa corta. Molte analisi dimostrano i miglioramenti nella produttività e nel benessere mentale di chi lavora per quattro giorni a settimana senza che questo comporti una diminuzione delle proprie performance o un calo dei risultati raggiunti.
Nelle piattaforme online si dibatte spesso anche di reddito di base e salario minimo, o consigli pratici per aprire la partita Iva e farsi pagare i lavori freelance: non a caso, ancora i lavoratori under 35 sarebbero la fetta della popolazione più preoccupata circa la propria sostenibilità economica. Si parla di burnout, di ansia e di stress causati da dinamiche di potere, dal rapporto nocivo con i propri superiori, dell’eccessiva mole di lavoro e dalla paura di sentirsi costantemente inadeguati.
I temi finora elencati per raggiungere un work-life balance non sono quasi mai stati presi in considerazione dalle precedenti generazioni e se dovessimo trovare qualche miglioramento apportato dalla pandemia nelle nostre vite, sicuramente dovremmo includere questa nuova presa di coscienza. Tuttavia, pare sia troppo presto per capire se siamo all’interno di un cambiamento profondo nel modo di rapportarci al lavoro, non sappiamo se le nuove generazioni avranno la possibilità e la forza, di modificare un paradigma così radicato nella società.